giovedì 13 settembre 2012

La pazzia della normalità: Veronika decide di morire...


Nella sua vita, aveva spinto fino alle estreme conseguenze moltissime cose, ma solo tra quelle non particolarmente importanti, come trascinare dei litigi che si sarebbero risolti con semplici parole di scusa, o non telefonare più a un uomo di cui era innamorata, pensando che la relazione non avrebbe condotto a niente. Era stata intransigente solo quando era risultato facile esserlo. [...]
Aveva debellato i difetti più semplici, per ritrovarsi sconfitta nelle cose importanti e fondamentali. [...] aveva sprecato la parte migliore delle sue energie, tentando di essere all'altezza dell'immagine di sé che si era creata nella mente.

Per questo non le erano rimaste forze sufficienti per essere se stessa: una persona che, come tutte, aveva bisogno degli altri per essere felice. [...] 
Forse, con la sua forza e la sua determinazione, aveva fatto colpo su molta gente. Ma dov'era arrivata? Nel vuoto. In una totale solitudine. A Villette. Nell'anticamera della morte.
Il rimorso per il tentativo di suicidio la riassalì, e di nuovo Veronika lo allontanò con fermezza. Adesso stava provando un sentimento che non si era mai permessa: l'odio.
Odio. Qualcosa di fisico quanto le pareti, o i pianoforti, oppure le infermiere: poteva quasi toccare quell'energia distruttiva che si sprigionava dal suo corpo. Lasciò campo libero al sentimento, senza preoccuparsi se fosse buono o cattivo: niente più autocontrollo, nè maschere, nè atteggiamenti di convenienza. Veronika voleva trascorrere gli ultimi due o tre giorni di vita comportandosi nel modp più sconveniente possibile. [...]
Odiò tutto ciò che le fu possibile in quel momento. [...] Veronika odiava tutto, ma principalmente il modo in cui aveva vissuto: senza mai scoprire le centinaia di altre Veronika che dimoravano dentro di lei e che erano interessanti, folli, curiose, coraggiose, audaci. [...] 

Veronika spinse la porta della sala soggiorno, si avvicinò al pianoforte, aprì il coperchio e, con ogni sua forza, affondò le mani sulla tastiera. Si sprigionò un accordo folle, sconnesso, irritante, che echeggiò nell'ambiente vuoto, rimbalzò sulle pareti e tornò alle sue orecchie sotto forma di un rumore acuto, che sembrava graffiarle l'anima. Ma, in quel momento, era proprio quello il miglior ritratto del suo intimo.
Tornò ad affondare violentemente le mani sulla tastiera e ancora le note dissonanti riverberarono dovunque. "Sono matta. Lo posso fare. Posso odiare, e posso picchiare con violenza sulla tastiera del pianoforte. Da quando i malati di mente sanno mettere le note in ordine?". 
Battè sui tasti una, due dieci, venti volte: e ogni volta il suo odio sembrò scemare, finchè scomparve del tutto.

Allora Veronika fu nuovamente pervasa da un senso di pace profonda. Tornò a guardare il cielo stellato, con lo spicchio di luna crescente - la sua preferita - che inondava di luce soave il luogo in cui si trovava. Fu allora che ricomparve la sensazione che l'Infinito e l'Eternità procedessero tenendosi per mano, e che bastasse contemplare uno di essi - magari l'Universo senza limiti - per notare la presenza dell'altro: il tempo che non finisce mai, che non passa, che permane nel presente, dove sono custoditi i segreti della vita. Tra l'infermeria e la sala di soggiorno, lei era stata capace di odiare, in un modo talmente forte e intenso che adesso nel cuore non le era rimasto più nemmeno un briciolo di rancore. Aveva lasciato che tutti i sentimenti negativi, rinchiusi lì per anni, finalmente affiorassero. Ora che li aveva provati, non erano più necessari: potevano scomparire.

Rimase lì in silenzio, vivendo il suo presente, accettando che l'amore occupasse lo spazio lasciato dall'odio. Quando sentì che era giunto il momento, si volse alla luna e attaccò una sonata, in suo omaggio, sapendo che lei l'ascoltava e che ne era orgogliosa: e questo rendeva gelose le stelle. Allora suonò un brano anche per le stelle, poi un'altra musica per il giardino, e una terza per le montagne che di notte non poteva vedere, ma che sapeva sullo sfondo.
Nel mezzo del pezzo dedicato al giardino, comparve un altro ricoverato, Eduard, uno schizofrenico per cui non esisteva alcuna possibilità di cura. Veronika non si spaventò per quella presenza: al contrario, sorrise. Con sua grande sorpresa, lui ricambiò il sorriso. 
La musica riusciva a entrare e a compiere miracoli anche nel suo mondo lontano, molto più lontano della luna.




E' strano quanto delle semplici parole, messe una dopo l'altra, possano scatenare in noi forti e contraddittorie emozioni. E' strano quanto una storia, una semplice storia di vita ma con all'interno il germe della magia, possa far riflettere sulla propria esistenza, sul modo in cui ci rapportiamo con il mondo.

E' quello che ho provato nel leggere "Veronika decide di morire" di Paulo Coelho, qualche anno fa.
Ed è quello che ho provato nel vedere finalmente il film che hanno tratto dal libro.
Un film intenso, delicato, dalle poche parole ma efficaci (come la storia raccontata da Coelho), in cui le immagini, la musica e i sentimenti dei personaggi tessono la trama più dei dialoghi o delle azioni.
La bravura degli attori (prima fra tutti Sarah Michelle Gellar nel ruolo di Veronika) è davvero superba, proprio per l'attenzione data ai gesti corporei e all'espressione dei moti interiori più che alle parole.

Vi propongo le splendide sequenze iniziali, nelle quali già si intuisce l'intensità della storia...



Per chi non conoscesse il romanzo, la storia parla di Veronika, una ragazza slovena (nel film, americana) che, scontenta della sua vita e disillusa sul suo futuro, decide di porre fine alla sua vita per sfuggire, una volta per tutte, alla monotonia dei suoi giorni, banali e privi di entusiasmo.
Ma il suo intento non va a buon fine e lei si risveglia in una clinica psichiatrica, dove i medici le comunicano che il suo cuore è stato gravemente danneggiato dal suo tentativo di suicidio e le restano pochi giorni da vivere. Inizialmente contenta di non aver fallito del tutto, Veronika, entrando in contatto con alcune persone e con lo strano ambiente in cui è costretta a vivere, comincia a capire che la monotonia e il buio della sua vita non dipendeva altro che da sé stessa. Si può cambiare il senso della propria vita, a pochi giorni dalla fine? Che senso assume il tempo, quando ogni giorno in più è un nuovo miracolo?



Un viaggio all'interno della mente e delle menti, all'interno della pazzia vera e apparente, alla scoperta che forse, i veri malati siamo noi che cerchiamo di tutto per soffocare le nostre parti più sincere, audaci, coraggiose, folli, diverse... Essere diversi, nel nostro mondo di "apparentemente sani", equivale ad essere pazzi. E noi ne sappiamo qualcosa, no? ;)


"Ora ripeti la tua domanda."
"Sono guarita?"
"No. Tu sei una persona diversa, che vuole essere uguale. E questo, dal mio punto di vista, è considerato una malattia grave."
"È grave essere diversi?"
"È grave sforzarsi di essere uguali: provoca nevrosi, psicosi, paranoie. È grave voler essere uguale, perché questo significherrebe andare contro le leggi di Dio che, in tutti i boschi e le foreste del mondo, non ha creato una sola foglia identica a un'altra. Ma tu ritieni che l'essere diverso sia una follia, e perciò hai scelto di vivere a Villete. Perché qui, visto che tutti sono diversi, diventi uguale agli altri. Capito?"


19 commenti:

  1. è che oggi tendiamo sempre a conformarci alla massa o alle regole o ai modelli imposti, ma quando non ci riusciamo tutto il castello che ci aravamo costruiti crolla lasciandoci il vuoto dentro, lo vedo nelle persone molto giovani come mia nipote che crescono senza costruirsi un anima interna forte, una personalità che gli permetta di fare scelte proprie e di non essere in balia dei modelli imposti dal gruppo, sara anche il fatto che costruirsi giorno per giorno una personalità richiede tempo e fatica e la vita frenetica di oggi giorno ti porta a scegliere modelli preconfezionati a cui aderire.

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    1. Conformarsi alla massa è molto più semplice che difendere la propria identità: ci si sente più al sicuro se ci si uniforma, non si devono affrontare i rischi dell'essere "diversi", si trova sempre nella collettività una via di fuga dalle proprie responsabilità, non si deve faticare nel formarsi una propria personalità: tanto c'è già quella preconfezionata. Peccato che le cose preconfezionate non sono mai perfettamente adatte a noi: in un punto sono strette, nell'altro sono troppo larghe, come i vestiti un po' scadenti che non vestono mai bene. Se ci si accontenta di questo, a poco a poco si muore dentro, perchè non si ha la "libertà di movimento" che si avrebbe con una bella "personalità su misura" che non ti tarpa le ali e non ti impaccia nei gesti...

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  2. Mi hai convinto.. me lo sto guardando.. tutti e 9 i clip..
    Sai proprio oggi pensavo a questo.. si è suicidata oggi Francesca Bonfanti, mai sentita prima, lavorava in radio.. soleva ripetere
    "Il dono dell’intelligenza può avere un prezzo che gli altri non possono neppure immaginare". Si è buttata nuda da un ponte.
    Mi colpiscono sempre i suicidi..
    Nel primo clip che hai postato Veronika scrive "questo mondo non è reale"
    Quante volte l'ho pensato..

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  3. Finito di vedere.. gran bel film.. mi sono fatto il mio bel pianto..
    Grazie x averlo segnalato..

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    1. Non sapevo niente di questo suicidio.
      Già, i suicidi sono sempre difficili da concepire, perchè in fondo l'essere umano è sempre spinto dall'istinto di sopravvivenza.
      Eppure alle volte il mondo sembra troppo difficile, inospitale, o "falso" per poterci stare ancora dentro...

      Mi fa davvero piacere che il film ti abbia colpito e addirittura commosso... soprattutto il finale è molto significativo :)
      E' stato un piacere segnalartelo :D

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  4. Ho letto questo libro tanti anni fa ed è l'unico, dell'autore, ad essermi rimasto dentro.. addirittura più di "Undici Minuti".

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    1. Ciao, Carolina :) Benvenuta nel mio blog ^_^
      "Undici minuti" non l'ho letto, però ho letto altri libri di Paulo Coelho ed effettivamente, questo è uno dei più intensi, veri e profondi.
      Devo dire che mi è piaciuto anche molto "Il diavolo e la signorina Prym"... fa riflettere molto anche quello.

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